sabato 1 febbraio 2014

Il ciclone Renzi scombina l'antipolitica

Un articolo molto interessante di Fabrizio Rondolino su Europa

La guerriglia scatenata da Casaleggio e Grillo nell’aula e nelle commissioni di Montecitorio – con contorno di insulti, schiaffi e querele – è il segnale che, nella grande battaglia fra politica e antipolitica, per la prima volta l’antipolitica è costretta a giocare in difesa. Il combustibile del grillismo (e la sua fonte apparentemente inesauribile di consenso) sta, com’è noto, nella paralisi del sistema politico-istituzionale, nella sua incapacità a decidere, in una vocazione malata al compromesso e al rinvio. Il Blitzkrieg renziano sulla legge elettorale ha per dir così tagliato i rifornimenti all’esercito grillino, dimostrando all’opinione pubblica che la politica, se vuole, può fare le riforme e può farle in fretta. E questa è l’unica cosa che Casaleggio e Grillo non possono accettare. L’attivismo del nuovo leader del Pd, che in meno di due mesi ha letteralmente rivoluzionato il quadro politico mandandolo a gambe all’aria, potrà forse schiantarsi, come i molti avversari si augurano, contro il muro dei bizantinismi parlamentari o dell’inaffidabilità di Berlusconi o delle lusinghe governative di Letta e Alfano, ma oggi è un ciclone che investe prima di tutto il Movimento 5 stelle. Se il governo delle “larghe intese” e il mantra della stabilità sembravano creati apposta per alimentare i peggiori sospetti su un ceto politico barricato nella cittadella del potere e talmente deciso a resistervi da cancellare vent’anni di guerra civile fredda, la politica corsara di Renzi capovolge radicalmente lo schema di gioco e imprime una svolta alla narrazione grillina: vi sbagliate, cambiare si può – non lo sto dicendo, lo sto facendo. Il motivo per cui a Renzi riesce ciò che a nessun altro finora è riuscito non sta soltanto nell’abilità del giocatore di poker o nella fresca arroganza del newcomer: è il suo posizionamento ad essere decisivo. Renzi, nella rappresentazione di sé che proietta sull’opinione pubblica, non è affatto il capo del Pd o il leader della sinistra: è l’uomo del rinnovamento che, in virtù di questa scelta di campo verticale, se ne infischia delle divisioni orizzontali fra partiti e schieramenti. Per lui destra e sinistra pari sono, perché sono la vecchia politica: chi collabora al rinnovamento va bene anche se si chiama Berlusconi; ma se intralcia, è un avversario anche se si chiama Enrico Letta. È in questa dislocazione “verticale” (rinnovamento contro immobilismo) che Renzi, naturalmente, incontra Grillo. Finché lo scontro è stato di pura propaganda, come giocoforza è accaduto prima che Renzi conquistasse il Pd, l’opinione pubblica più disillusa e arrabbiata poteva ragionevolmente dubitare del sindaco di Firenze. Di politici chiacchieroni e accattivanti, del resto, abbiamo lunga esperienza. Ma con l’arrivo in aula di una legge promessa e mai realizzata in otto anni, che entro un mese potrebbe entrare in vigore, la partita è cambiata radicalmente. E Casaleggio e Grillo sono corsi ai ripari: in difesa, però, e cercando di incendiare il campo da gioco. Resta da capire quanto questa nuova strategia sia efficace nel medio periodo. L’ondata dell’antipolitica è ancora fortissima nel paese (e anzi i sondaggi segnalano nell’ultima settimana una ripresa del M5S) e l’esasperazione dell’elettorato è tutt’altro che sedata. Tuttavia, una parte di questo elettorato ha scelto Grillo non perché ne condividesse il programma (?) o i modi, ma perché non ha trovato nessun altra offerta politica digeribile. Oggi quest’offerta esiste – nei fatti, non nelle dichiarazioni di principio – e dar fuoco a Montecitorio proprio mentre s’appresta a fare ciò che gli si è rimproverato per anni di non riuscire a fare, potrebbe rivelarsi insufficiente.

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