lunedì 20 agosto 2012

Verona e Vicenza: alleanza al di là della politica ??


Il vicepresidente della provincia di Verona, il leghista Fabio Venturi, qualche giorno fa ha disegnato un teorico patto fra la città scaligera e Vicenza in grado di far concorrenza agli interessi che uniscono Padova, Treviso e Venezia.

Di fronte alla domanda, “ma a Vicenza c’è un sindaco di centrosinistra…” Venturi ha risposto pronto: “Sì, ma Variati è un sindaco bravo e stimato in maniera bipartisan. Sarebbe un ottimo alleato per una politica fatta di cose concrete”.

Nel frattempo il sindaco Flavio Tosi, altro esponente della Lega Nord, sostiene l’alleanza fra Vicenza e Verona, subito appoggiato dallo stesso Variati.

Si tratta di intelligenze che si coniugano sul piano amministrativo, lasciando da parte sterili e superati schemi di appartenenza: perché stupirsene?

E’ evidente che l’elettorato sta valutando in maniera sempre più attenta l’evolversi del quadro amministrativo, alla luce di una crisi economica sempre più pressante, della mancata attuazione di norme federaliste, del superamento degli steccati ideologici.

Negli anni a venire la situazione non è destinata a migliorare: il debito pubblico italiano è talmente ingente che non sono ipotizzabili scenari diversi da quelli attuali fatti di pesanti tagli ai bilanci comunali. Di fronte a questo tipo di situazione i buoni amministratori devono riporre le armi della demagogia fine a se stessa e cercare le forme di collaborazione fra Enti diversi e fra pubblico e privato.

Concordo quindi con un’ipotesi di collaborazione sul piano amministrativo fra le due province occidentali del Veneto, fra i due comuni capoluoghi e fra le aziende municipalizzate veronese e vicentina.

L’alleanza culturale, economica e sociale fra Venezia, Padova e Treviso si poggia su fattori geografici e storici che la rendono un fatto oggettivamente assodato.

Vicenza rischia l’isolamento e nel recente passato questa solitudine è stata confermata e aggravata dalla totale assenza di una politica di sinergie fra enti: quando mai, prima di Variati avevamo visto riuniti attorno allo stesso tavolo i sindaci delle sette province venete?

Quando mai avevamo assistito all’istituzionalizzazione di un tavolo di confronto fra comuni contermini?

Ovviamente le obiezioni non mancano, in nessuna delle parti politiche oggi presenti nella nostra realtà e non c’è da stupirsi che non sia così.

Nel Partito Democratico, ad esempio è aperto da tempo un dibattito che investe quella che per alcuni è un’eccessiva indipendenza del Sindaco dalle regole della politica: Variati avrebbe fatto una scelta amministrativa tout court, ignorando suggerimenti e indicazioni provenienti dal partito.

Non manca chi ritiene che la rilevanza “ideologica” sia ancora fondamentale e che fondare la propria azione amministrativa su principi di parte sia doveroso e necessario.

Condivido invece alcune scelte in questo campo del Sindaco: nella scelta delle persone reputo che sia fondamentale la competenza e per niente rilevante l’appartenenza a uno schieramento politico, al punto che qualcuno, anche di recente, ha pensato di interpretare questa visione come una logica ad excludendum per i soli iscritti al P.D., barbara semplificazione di un concetto di per sé inappuntabile.

In altre situazioni, invece, il dibattito interno al PD ha saputo sviluppare importanti proposte sul piano della mobilità, delle politiche del sociale, ecc. Ed è questa la strada che io ritengo più

praticabile: un civile confronto sulle idee, un apporto continuo di proposte che, ovviamente, si basano anche su precisi valori di riferimento.  Il piano della mobilità, ad esempio, è nato anche grazie alle proposte e ai ragionamenti sviluppatisi all’interno del PD.

Ovviamente anche gli esponenti vicentini della Lega non sembrano gradire i ragionamenti che vengono dalla provincia contermine. Ma viene da pensare che un’opposizione così marcata su tutto poggi non tanto su un disegno alternativo quanto sulla semplicistica considerazione del dire di no per partito preso. Faccio alcuni rapidi

esempi: insistere sul tema della sicurezza come centrale per la città cozza con una realtà che, pur problematica in alcuni aspetti, è peraltro rassicurante nella generalità dei casi. Ho avuto modo personalmente di parlare con gli ultimi due questori passati per Vicenza ed entrambi hanno sempre sostenuto che Vicenza può essere confrontata solo in positivo con la maggior parte delle città italiane, in quanto a vivibilità e a sicurezza. Nel recente caso della nomina dei vertici dell'Opera Pia Cordellina, è sembrato che prevalesse il desiderio di attaccare comunque l’Amministrazione anziché valutare che Segretario, Consiglio di Amministrazione e Presidenza erano stati nominati dalla propria parte politica.  Alla luce di queste considerazioni, ben si comprende come a Verona, la Lega riesca a governare praticamente da sola, e a Vicenza raggiunga percentuali di consenso contenute e poco indicative.

Non entro nello specifico dell’atteggiamento del PDL perché già la stampa si occupa tutti i giorni della situazione “confusa” in cui vive a Vicenza il movimento ex berlusconiano, diviso fra nostalgie e fughe verso altri lidi.

La sensazione che emerge è quella di una politica chiaramente in movimento, condizionata da una situazione nazionale difficile, e che, in periferia, vede premiare la volontà di attuare scelte amministrative coraggiose e decise, indipendentemente dalla parte politica rappresentata, come dimostrano le valutazioni che i cittadini danno dei sindaci come Tosi e come Variati.



Federico Formisano

Capogruppo PD in consiglio Comunale

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