mercoledì 26 maggio 2010

Una splendida giornata di sport



La soddisfazione di una foto con Francesco Guidolin ex allenatore del Vicenza e grande appassionato di ciclismo
Una splendida giornata di sport

Plan de Corones è un panettone alto 2200 metri da cui si dipartono cabinovie che vanno verso Valdaora, Riscone, Brunico, San Vigilio di Marebbe e il Passo Furcia.
Noi eravamo al Passo Furcia. Da qui parte una strada non asfaltata ma con una massicciata abbastanza rigida che percorrendo il bosco e alcuni tratti scoperti arriva fino al panettone. E' un tratto di 5 chilometri che supera una pendenza superiore ai mille metri con tratti al 20% di pendenza. Un muro impressionante che ieri ha visto le sue pendici invase da circa centomila spettatori di una spettacolare impresa agonistica: la cronoscalata San Vigilio- Plan de Corones.
Io c'ero. E con me c'erano Gigi Moras, l'ortopedico vicentino appassionato di ciclismo, Carlo Bolzani, pasticcere con un passato come massoterapista dei ciclisti Basso e Saronni, Ruggero Gonzo, assessore allo sport a Villaverla, Vittorino Masenello, ex allenatore di squadre dilettantistiche. C'era anche un medico americano di origini italiane amico di Gigi.
Una giornata così si stampa nella testa per la vita. Con Ruggero, Gigi e Vittorino abbiamo percorso quasi tutte le Alpi e le Prealpi in questi anni, seguendo le imprese di Pantani, Basso, Sella, Garzelli e compagni.
Ma quella di ieri è stata un'esperienza diversa. La cronoscalata ti fa stare lì al fianco dei corridori. Passano uno ad uno, a pochi centimetri dalla tua testa. Vedi lo sforzo disumano del cambio di passo quando passano da un falsopiano come quello dell'Hotel Furcia al primo tratto di salita verso il Plan de Corones.
Senti gli ingranaggi che entrano nel cambio, l'urlo dei massaggiatori che scandiscono il tempo, l'entusiasmo dei tifosi che spingono con il loro incorraggiamento.
Ha vinto Garzelli. Basso ha eroso un altro minuto alla maglia rosa Arroyo e ha superato Porte. Il campione del mondo ha fatto un'impresa eccezionale staccando a sua volta Basso di quasi trenta secondi.
Ma l'impresa sportiva non conta rispetto all'incredibile amore della folla verso questo sport che vince anche l'immagine negativa che supera le barriere dell'indifferenza.
E' stata proprio una bella giornata


Dal Giornale di Vicenza di oggi un pezzo di Pio Serafin che ricorda le imprese di Massignan.

Il Giro d’Italia affronterà sabato 29 la ventesima tappa da Bormio a Ponte di Legno-Tonale che farà rivivere il mito del Gavia. A cinquant’anni di distanza dalla prima epica ascesa di Imerio Massignan che l’ha resa celebre, la corsa rosa torna, anche se in senso inverso, su quella che prima era una strada secondaria poco frequentata, una salita ormai fuori dal tempo. Oggi non è più la mulattiera del ’60, non c’è più lo sterrato, la strada è stata allargata. È stato il Giro, è stata l’impresa di Massignan, eroe sfortunato e commovente, a renderla celebre e oggi il Gavia è come il Mortirolo, lo Stelvio, lo Zoncolan fra le sue salite più famose. Nella corsa di quest’anno è la Cima Coppi, il tetto del Giro con i suoi 2.612 metri di altezza. Ha raccontato Paolo Rumiz nel suo libro “E’ Oriente”: «Quando Torriani inventò la leggenda del Gavia proprio qui scattò un vicentino di nome Imerio Massignan. Partì nella neve e nel fango, staccò tutti. Due volte forò, due volte fu ripreso dal lussemburghese Gaul. Arrivò secondo, ma il tappone fu moralmente suo e l’Italia impazzì».
La tappa di 229 chilometri partì da Ponte di Legno l’8 giugno. Alla Legnano aspettavano ormai solo quella e Tullio Campagnolo sapeva che lì il suo pupillo poteva fare l’impresa. Temeva che auto e moto non riuscissero a seguire i corridori. Se Imerio avesse avuto bisogno di una ruota chi avrebbe potuto dargliela? Così propose di pagare lui qualcuno che dormisse in auto sulla cima, ma non fu ascoltato.
Sul Tonale passò per primo Van Looy. Massignan lo raggiunse in discesa e poi partì tutto solo per l’impresa della sua vita immerso nel freddo, nella pioggia, nella neve. 17 chilometri, 1.400 metri di dislivello, pendenze del 16 per cento, raramente sotto il 10, fra un tornante e l’altro cento e più metri di dislivello, sembrava l’Izoard dell’immediato dopoguerra, quello delle grandi imprese di Bartali e Coppi. In classifica generale aveva sette minuti di distacco dalla maglia rosa Jacques Anquetil. Sulla vetta il corridore di Valmarana rifilò 5 minuti al vincitore di cinque Tour e di due Giri, prima di lanciarsi in picchiata verso S. Caterina Valfurva. Arrivò la prima foratura e si trovò da solo a cambiare la gomma. Forò una seconda volta e questa volta ci fu un motociclista ad aiutarlo, ma Gaul lo raggiunse. Imerio ripartì e superò il lussemburghese quando il traguardo di Bormio era ad appena due chilometri. Giunse un’altra foratura, la terza in 9 chilometri, e arrivò sul cerchione a soli 14 secondi dal lussemburghese. Quella giornata epica lo fece entrare nella leggenda del grande ciclismo.
Gaul, il più grande scalatore di tutti i tempi con Bahamontes e Pantani aveva fatto la conoscenza di Massignan nella Aosta-Courmayeur del Giro dell’anno prima. Dopo il Gran San Bernardo l’”angelo della montagna”, come l’aveva definito Roland Barthes, aveva attaccato sul Piccolo San Bernardo a 240 chilometri dalla partenza, staccando tutti meno quel ragazzino di 22 anni. Massignan che 20 giorni prima correva ancora con i dilettanti si trovò a resistere in un tappone di 300 chilometri all’arrampicatore ineguagliabile, al vincitore di due Giri e di un Tour. Anquetil era a nove minuti. Massignan e Gaul si sarebbero spartiti tappa e maglia rosa ma, a due chilometri da Courmayeur, Massignan forò e arrivò a 30 secondi. Il grande Gaul, sfiancato da una tappa massacrante, stravolto, non si presentò nemmeno alla premiazione. Era nato il mito di Massignan che per due anni fu il più forte scalatore del mondo, capace di battere Gaul e Bahamontes vincendo per due volte di fila classifica del miglior scalatore al Tour.

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