lunedì 13 aprile 2009

Populismo od efficientismo??

Tutti sanno che non ho simpatia per Silvio Berlusconi: negli ultimi otto anni ha sempre governato l'Italia se si esclude un anno e mezzo di governo Prodi. Eppure in questo periodo, e cito solo dati assolutamente oggettivi, il nostro paese non è migliorato nella produzione industriale, ha visto il debito pubblico aumentare e la forza lavoro diminuire; nello stesso periodo si è quasi volatilizzato l'avanzo primario, gli stipendi non sono aumentati e sopratutto non sono diminuite le tasse se è vero come ha scritto un autorevole quotidiano, che oggi dobbiamo aspettare due giorni in più per cominciare a lavorare per noi, dopo avere pagato gli odiati balzelli allo stato.
Non parlo di riforme perchè qualcuno potrebbe dire che sono buone ed altri invece che non hanno cambiato il paese, penso solo che la legge elettorale applicata dal governo Berlusconi è stata definita una porcata da chi l'ha fatta, e sulle riforme del mondo della Scuola e della formazione, si è spesso discusso ma mai con accenti entusiastici nei confronti della Ministra Gelmini, spesso in predicato di rimozione dall'ambita poltrona.
Non mi unisco alle critiche troppo facili che vengono da sinistra sul fatto che Berlusconi fa riforme ad personam: resta la considerazione che anche di recente è uscito da un processo grazie ad uno dei tanti "lodi-decreti-leggine" che sono stati approvati da quando lui è presidente del Consiglio.
Penso intatti che la tattica di attaccare di petto Berlusconi alla fine si ritorca contro chi la mette in atto: il controllo dell'informazione, la sua innata capacità mediatica, riescono a fare sì che egli divenga la vittima sacrificale di una congiura ordita contro di lui dagli odiati comunisti e da chi gli vuole del male.
In fondo Berlusconi è l'artefice massimo del populismo, instaura un rapporto interpersonale con il suo elettore (come quando gli manda il libro con la storia della sua vita, o gli regala l'euroconvertitore, o gli scrive in prima persona per chiedergli il voto) e lo costruisce grazie ad un mirabile sistema informativo, che non passa solo attraverso Fede o Giordano, ma anche attraverso il controllo quasi totale dell'informazione televisiva e radiofonica e di una buona parte dei quotidiani, ma sopratutto non dimentichiamolo attraverso il controllo quasi integrale della pubblicità sui media, che possono decidere di far sopravvivere o no una voce sgradita.
Consiglio a chi vuole saperne di più sul populismo, la lettura del libro di Ralf Dahredorf "Dopo la democrazia": "in Italia è al governo un leader con evidenti tratti populistici che non ama la politica, i partiti e il dibattito parlamentare. Credo che egli rappresenti un pericolo per la democrazia, oggettivamente e specie se riuscirà a restare al potere per un lungo periodo"
Oppure quella di Paul Taggart che analizza con lucidità il fenomeno del populismo citando anche il caso italiano e Berlusconi ( Paul Taggart "Il Populismo" Città aperte edizioni)

Passati i primi giorni post-terremoto, preso atto della terribile sorte che ha colpito una regione italiana, dei centinaia di morti, delle distruzioni, cerchiamo di analizzare, attenendoci il più possibile alla fredda cronaca, il modo in cui la questione terremoto è stata affrontata sui media e come è stata vissuta dagli esponenti politici e religiosi del nostro paese.
Ancora una volta va dato atto a Berlusconi di essere stato il solo e vero protagonista dell'informazione sul terremoto, almeno per quanto riguarda la presenza dello stato e della Chiesa. Berlusconi è salito cinque volte all'Aquila. Il Presidente Napolitano, le più alte cariche dello Stato, Fini e Schifani, presidenti di Camera e Senato, sono andati una volta. Il Papa ha mandato il Cardinale Bertone, segretario di Stato Vaticano e Franceschini, leader del partito d'opposizione è andato in incognito, per non turbare - ha dichiarato - l'impegno dei soccorritori.
Le altre figure sono risultate talmente sbiadite da non potersi nemmeno confrontare con il Presidente del Consiglio. Qualcuno potrebbe dire che cinque viaggi in una settimana sono eccessivi; che probabilmente il passaggio della colonna, in questa fase di traffico intasato, ha creato qualche problema al rifornimento dei generi di prima necessità agli sfollati (Berlusconi viaggia con almeno sessanta persone al seguito..)
Ma dal punto di vista comunicativo queste visite sono state pennellate magistrali stese sulla tela del rapporto interpersonale fra Berlusconi e il popolo. Il leader che piange, che bacia la vecchina, che promette interventi, è quanto di più diretto ed immediato possa esserci nel rapporto menzionato. Non ci sono orpelli ed intermediazioni, il rapporto non è mediato da strutture come il Parlamento, come la politica, come le Istituzioni.
E' difficile rispondere utilizzando l'intelligenza o la capacità politica alla domanda "il Presidente del Consiglio andando all'Aquila produce un risultato migliore di quello che otterebbe rimanendo a Roma e lavorando con i suoi ministri?"
E' evidente che non è questo il problema: Berlusconi non è un qualunque governante nè si comporta come tale.
Se oggi ci fossero sondaggi che misurassero il carisma del leader, prima e dopo la scossa di domenica scorsa, avremmo la certezza che anche questa volta egli ha mediaticamente trapanato il video. E di fronte a questo il lavoro da fare, come opposizione, è difficilissimo: perchè bisogna ricostruire un sistema di regole, in cui la democrazia è un bene e la politica è la sua forma principale di rappresentazione.
La politica è malata e oggi chi parla alla pancia colpisce più di chi parla all'intelligenza: ma noi non dobbiamo essere spaventati da questo ruolo, perchè più il compito è duro e più chi crede nei valori deve adoperarsi per vincere.

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