venerdì 6 aprile 2012

LA LEGA DURA E PURA... siiiii... domani !!!!

DA REPUBBLICA

così Belsito ricattava la Lega
I verbali dell'inchiesta sul tesoriere della lega e le intercettazioni delle sue conversazioni con la segretaria dalle quali emerge il flusso di denaro tra Carroccio e la famiglia di Bossi

di EMILIO RANDACIO



Scandalo Lega «SE ESCE qualcosa è la fine». La profetica frase viene pronunciata il 1° febbraio dalla responsabile amministrativa della Lega Nord, Nadia Dagrada, al telefono con l’allora tesoriere, Francesco Belsito. I due sono letteralmente terrorizzati: «Se parlo io finiscono tutti in carcere», minaccia lui. Da meno di un mese, i bizzarri investimenti in Tanzania e Cipro del custode della cassaforte leghista imbarazzano i piani alti di via Bellerio. Sono soprattutto l’ex Guardasigilli Roberto Castelli e la corrente maroniana del partito a chiedere conto dello stato delle finanze. E qui, Belsito prende tempo, cerca disperatamente la sponda del Senatur per evitare il naufragio.



Nadia lo rassicura: «Secondo me taglia la testa al toro e parla con le due signore (la senatrice Rosy Mauro e la moglie del «capo» Manuela Marrone — ndr), e digli 'guarda', io mi sono raccomandato con il capo, però ho preferito non dare dati precisi a lui (Bossi), però ricordatevi di quello che si parla, perché se questi vanno a vedere i conti e se mi togliete a me dai bilanci, questi i conti li vanno a vedere, ricordatevi che nel vostro gioco ci sono 500 mila euro da giustificare e senza contare il passato».



IL SOSPETTO DELLE MAZZETTE LEGHISTE. Il pozzo senza fondo del patrimonio della Lega Nord sembra avere una origine lontana. Il 29 gennaio Belsito confida ancora a Nadia che, prima della sua nomina, nel 2008, «c’era il nero... «. Dichiarazione che per gli investigatori ha un’unica chiave di lettura: «Con ciò si sottende all’esistenza di flussi di denaro di provenienza illecita, extra finanziamento pubblico e che rappresentano l’area dell’illecito su cui, ragionevolmente si sviluppano le tematiche corruttive».
Un risvolto inedito, attualmente tutto ancora da sviluppare per le indagini che stanno impegnando freneticamente le procure di Reggio Calabria, Napoli e Milano. Una certezza, però, gli uomini del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Roma (Noe), ce l’hanno già: la cassaforte della Lega aveva fonti economiche non contabilizzate «che Bossi dava tempo fa al partito. Ovviamente — sottolineano gli uomini del Noe — il significato del nero è riconducibile alla provenienza del denaro contante che può avere varie origini, dalle tangenti, alle corruzioni o ad altre forme di provenienza illecita e non tracciabile». Da questo magma fuori controllo, sono convinti i militari, il «denaro veniva poi elargito senza lasciare traccia a Bossi e ai suoi familiari».



"SOLDI ANCHE A CALDEROLI". Non solo la «famiglia del capo», e nemmeno le spese per la vic presidente del Senato Rosy Mauro. Tra i beneficiati delle regalie dell’ex tesoriere spunta anche l’ex ministro Roberto Calderoli, anche se non sono precisate l’entità e l’interessato ha subito respinto ogni sospetto. Belsito, sull’ex ministro, ha un’unica preoccupazione: «Quelli (i soldi, ndr) di Cald (Calderoli), ora come li giustifico?».



Le elargizioni erano talmente sistematiche che durante una conversazione, sempre tra l’impiegata della Lega e Belsito, si è per esempio perso il conto esatto delle autovetture pagate ai figli del Senatur. All’appello ne manca una. «É giusto — ricorda la segretaria Dagrada — l’altro (Eridano Sirio, minorenne perché nato nel 1995-ndr), non c’ha ancora la patente... devo dire che se sono ancora in vita gli procuro un go-kart».



E i beneficiari della cassa senza fondo leghista avrebbero coinvolto anche un altro uomo politico, da sempre vicino alla Lega nonostante sia stato eletto al Senato per il Pdl: l’ex ministro Aldo Brancher. Anche se la notizia non ha al momento rilevanza penale, Belsito confida alla Dagrada che Stefano Bonet, l’ideatore degli investimenti lumbard in Tanzania, ha dato a Brancher 150 mila euro «per fare lo sponsor al Garda», senza aggiungere altro sulla causale di questo versamento.



"CON QUELLO CHE GLI HAI GIRATO COMPRA VIA BELLERIO". Il 7 febbraio scorso, le pressioni all’interno del partito per eliminare Belsito dalla poltrona di tesoriere, aumentano. Allora, Nadia consiglia la strategia per limitare i danni all’ex autista squattrinato diventato tesoriere del partito. «Con il capo c’è da parlare..... Francesco, lui non ha paura (Bossi-ndr), deve avere paura, gli devi dire che con quello che gli hai girato ci si compra più di metà di via Bellerio». Il timore, che si è materializzato ieri, è che «se i militanti lo venissero a sapere», sarebbe perduto. «Lui deve capire il rischio che c’è, lui non capisce il rischio, lui è convinto che ci siano solo quattro cose lì e basta... capisci, gli devi dire, noi manteniamo tuo figlio Riccardo, tuo figlio Renzo, tu gli devi dire guarda che tu non versi i soldi, tuo figlio nemmeno, ed è da quando sei stato male (il malore che ha colpito il senatore nel 2004-ndr)».



"I FIGLI DI BOSSI LO ROVINERANNO". È stato salato il conto finale che i seguaci di Pontida hanno pagato alla famiglia del «capo». Un interminabile scontrino su cui sembra impossibile capire solo il totale. Per la famosa scuola Bosina, gli esborsi sono a dir poco esorbitanti. Per fare fronte alle spese della scuola padana creata dalla sciura Bossi, è stato stanziato un mutuo da un milione e mezzo, elargito guarda caso attraverso la “Pontidafin”, società finanziaria di via Bellerio. Non solo. «Vogliamo parlare di quel contributo che gli diamo tutti gli anni? Tra i 150 e i 200 mila?». Nadia è inquieta, «tu gli devi dire “tua moglie e i tuoi figli, questi ti rovineranno con i costi che hanno e poi gli devi dire che se esce fuori qualcosa da te della famiglia, lui è rovinato”». Secondo la segretaria, al Trota viene pagato tutto, dalla scorta alle spese del partito, per finire «al caffè in Regione».



Rosy Mauro è altrettanto esosa quando c’è da batter cassa. Poco più di un mese fa, con lo scandalo Tanzania già scoppiato, chiede un bonifico urgente, anticipando comunque «“vedo brutta”, riferendosi alla eventuale fine politica» di Belsito. La pasionaria della Lega, nel dettagliato rendiconto degli uomini intercettati, è la più assidua frequentatrice del bancomat leghista. A lei personalmente sarebbero arrivati una macchina e soldi, come al suo sindacato, il Sinpa, ma anche all’uomo che, esplicitamente, Dagrada e Belsito definiscono una volta il suo «amante», più in là con disprezzo «gigolò». Secondo il loro racconto, l’uomo sarebbe assunto come «segretario particolare sotto la vice presidenza del Senato, tanto che è in aspettativa dalla polizia». E a lui, grazie all’interessamento di Belsito, «gli ho fatto il mutuo gli ho fatto anche a lui... sì, sì, con la Bnl del Senato. Non aveva il reddito per ottenerlo, non aveva i requisiti, il reddito era sotto».



"LUSI ALMENO SE NE SBATTE". Stretto nella morsa dello scandalo, Belsito ha paura. «Era meglio — confida ancora a Nadia — guarda, guarda un po’ Lusi (il senatore del Pd sotto inchiesta per la gestione dei fondi della Margherita-ndr). Scusami, ha rubato 13 milioni e adesso se ne sbatte il c...». E ricorda all’amica che, a differenza del senatore, «io non ho manco l’immunità». E così, ai primi del febbraio scorso, pianifica l’exit strategy. Spera in un posto da dirigente in Rai, «un mio amico prende 15 mila euro al mese e si diverte come una bestia, oppure in Eni mi posso fare mandare». Come ultima ipotesi, l’ex autista genovese non disdegnerebbe neppure un «impiego» alle Poste: ovviamente nel consiglio di amministrazione.

Non accadrà di certo. E ieri sera, al termine di una riunione fiume con il suo avvocato, Belsito ha detto: «Non sono un delinquente. Ho sempre lavorato per la Lega, per il suo bene. Sono molto dispiaciuto che Bossi si sia dimesso.



LA CAMPAGNA ELETTORALE PAGATE CASH AL TROTA. Il consigliere regionale della Lega, Renzo Bossi, due giorni fa, davanti alle telecamere ha assicurato di essere sereno: «Non ho mai preso un soldo della Lega». Eppure, stando al rendiconto di Belsito, proprio dai rimborsi elettorali avrebbe pescato per garantirgli i giusti supporti nella prima esperienza politica del figlio del capo. Nadia cerca di raccapezzarsi nel bilancio, e incalza il suo interlocutore per cercare di evitare lo scandalo. «Hai pagato anche la campagna elettorale di Renzo?», chiede. «Soldi per la campagna elettorale del Trota? Sì, li davo a lui, alla Rizzi (Monica, attuale assessore regionale allo Sport-ndr), e a lei portavo il cash».

«Senza pezza giustificativa?», si interroga ancor più allarmata la responsabile dei conti di via Bellerio.

«E allora questi (i leghisti che chiedono di vedere i conti-ndr) dimostrano che tu hai rubato 600 mila euro di quest’anno, sono una marea dell’anno scorso».

Belsito cerca anche di giustificarsi: «Loro mi dicevano, non so, “dobbiamo pagare quello della tipografia per i gadget”, eccoli qui... «.

«Ma quanti soldi sono? Sono due o trecento mila cash?», sembra tremare la Dagrada.

«No, quello no», viene rassicurata.

Secondo queste involontarie confessioni telefoniche, all’assessore Rizzi sarebbe stato anche pagato l’affitto della casa di Brescia: «Tra i seimila e i diecimila euro». Ovviamente, sempre a carico della Lega.

(06 aprile 2012)
Ricevo da Francesco Di Bartolo

L’Italia è una repubblica fondata sulla famiglia. La propria.In questo, Nord e Sud sono davvero uniti, nella greppia, tutti a tavola insieme appassionatamente! Pensavamo di averle già viste tutte col tesoriere della Margherita, l’abruzzese Luigi Lusi, il predone dei due mondi che si è fregato più di 20 milioni di euro dalle casse del partito (ma la cifra è per difetto) ad insaputa dei vertici del partito, che accumula immobili come fossero vacche e pasteggia a caviale e si fa pesare l’oro del Volga col bilancino prima di ingozzarsi a sbafo coi soldi altrui...
Uno capace di giustificare gli ammanchi, riportando in bilancio quasi 534 mila euro di spesa per “sito internet, assistenza tecnica e manutenzione sistema informatico”, manco fosse il server della NASA. Ma certo la saga familistica della Lega Ladrona non ha paragoni!  D’altronde, la Lega ci aveva già regalato pagine esilaranti di psicopatologia collettiva: con le sue mitologie neo-völkisch, elmi cornuti e spadoni di latta; con le sue prove tecniche di nazismo applicato e le sue milizie verde-camiciate; coi suoi ubriachi da bar posti ai vertici delle Istituzioni nazionali e locali; con l’ignoranza abissale dei suoi massimi dirigenti. Naturalmente, con un simile campionario a disposizione, la Lega si è rivelata un’idea di successo, raggrumando milioni di voti tra i bifolchi delle valli alpine, sparsi per gli infiniti Borgo Citrullo della pedemontana e riuniti in adorazione messianica attorno ad Umberto the Boss, il celebroleso di Pontida, che volle farsi re e per la bisogna si inventò un suo reame chiamandolo “padania”.

Coerentemente, ci hanno regalato alcuni dei peggiori politicanti degli ultimi 100 anni, che rabbiosi e famelici sono calati nelle stanze del potere romano, arraffando e mangiando a più non posso, salvo poi sputare nel piatto della grande abbuffata e starnazzare davanti alle tivvù, con quella parlata stopposa di chi sembra ciancicare le parole, facendo i gargarismi con una pallina da ping pong in bocca. Che la Lega fosse un dominio personale della famiglia Bossi, e gestito come una proprietà privata nelle disponibilità del Capo, lo avevamo capito da un pezzo. Che fosse un possedimento feudale a trasmissione ereditaria era evidente, con il Trota travestito da delfino e una valanga di soldi pubblici a tenere in piedi l’intera struttura in cartapesta. Che fosse anche il bankomat di famiglia e funzionasse come una specie di ‘ndrina calabrese’, a conduzione paramafiosa, lo sospettavamo... Ma l’ascesa e caduta del clan Bossi è uno spettacolo degno di un bestiario medioevale!  È la fiera dei freaks, convenuti nel “Cerchio Magico” dei Ladroni padani di lotta e di governo, con al centro l’Umberto assurto al ruolo da scemo del villaggio: il babbeo che si fa riparare il tetto del villone di Gemonio, naturalmente pure lui a sua insaputa; che si fa coglionare dal figlio scemo, piazzato con un posto in regione Lombardia, che gli frega i soldi dalla cassa per comprarsi il macchinone, mentre falsifica il libretto degli esami universitari.
E quella delle lauree finte sembra essere una vera passione per i verdi padão, per questo branco di volgari cialtroni analfabeti, miracolati contro ogni merito... Umberto Bossi, che ottiene il diploma come perito per corrispondenza, e per anni millanta alla prima moglie di essere medico, uscendo di casa la mattina con tanto di borsa del dottore per meglio sostenere la finzione e sterzare subito verso il primo bar disponibile girando l’angolo. Poi ci sono i figlioli prodighi alla casa del padre: Roberto Libertà, ormai noto alle cronache come “er Candeggina”. E soprattutto Renzo Bossi, universalmente conosciuto come Il Trota, e finito sulla griglia per le sue bocciature multiple alla maturità... i sospetti sul diploma (e la patente di guida) comprati... fedele ad un intelligenza davvero ‘ittica’.
Avviato alla carriera di consigliere regionale, è stato affidato alle cure di Monica Rizzi, meglio nota come “Monica della Valcamonica”, che tanto per non cambiare si spaccia per psicologa senza aver mai conseguito il titolo. E tra le matriarche di Casa Bossi come dimenticare mammà? Manuela Marrone, il mastino siciliano addetto alla sistemazione della prole. Nonché Rosi Mauro, la badante pugliese a capo del sedicente ‘sindacato padano’ che colleziona più ville in Sardegna che iscritti. Una piccola parentesi a parte meritano invece i tesorieri della Lega. Francesco Belsito, il tesoriere della Lega, ex autista ed ex buttafuori nei locali notturni della riviera ligure, con due lauree farlocche comprate on line a Malta, e in virtù di simili competenze piazzato come vice-presidente di FINCANTIERI che infatti oggi rischia il collasso.  Francesco Belsito è il successore dell’incredibile Maurizio Balocchi, già esperto in acquisizioni di appartamenti Enasarco a canone agevolato a Roma e nell’assunzione clientelare dei famigli alla Presidenza del Consiglio e nella Corte dei Conti.
Infatti, la Capitale è dai leghisti disprezzatissima a parole, ma amatissima per i privilegi. Della serie, hic manebimus optime.  Soprattutto, a Maurizio Balocchi ha fatto parte del CdA della Credieuronord, la banca della Lega, chiusa per fallimento nel 2006 dopo aver dilapidato i risparmi investiti da migliaia di minchioni padani. Ma, già nel 2001, Balocchi era già rimasto scottato dal mega-crack (10 miliardi di lire) per realizzazione di un villaggio vacanze in Croazia, pomposamente chiamato "Il Paradiso di Bossi" e rivelatosi un inferno per gli sprovveduti investitori. D’altra parte, Balocchi era a sua volta succeduto ad Alessandro Patelli che in piena tangentopoli, mentre i leghisti agitano i cappi in Parlamento, si fa pagare una mazzetta da 200 milioni di vecchie lire nell’ambito del maxi-scandalo ENIMONT.  La cosa incredibile è che questa montagna di letame con velleità secessioniste è andata accumulandosi per oltre venti anni, prima di franare addosso a queste fameliche macchiette in affari, travestiti da guerrieri celti. Di certo (non) ci mancheranno. Ciao ciao e auguri di buona Pasaqua!

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