mercoledì 23 febbraio 2011

Tagli che passione

Non possiamo affrontare la questione delle ridotte capacità di spesa dei comuni senza prima valutare due aspetti:

- Il patto di stabilità;

- Il federalismo municipale;

Il patto di stabilità sta letteralmente strozzando i Comuni e gli Enti Locali in genere senza tenere conto della distinzione esistente nei fatti fra comuni virtuosi e comuni spendaccioni. La maggior parte dei Comuni italiani appartiene alla categoria dei comuni che hanno amministrato bene le risorse che hanno ricevuto in dotazione dallo Stato o che provengono dalla loro capacità di governare le fonti di possibile reddito. Altri comuni hanno scialacquato in maniera imprudente: ci sono casi eclatanti come quelli Palermo, Catania, Roma, ecc. dove si è arrivati al punto di effettuare assunzioni massicce o spese fuori controlli senza alcuna copertura economica. Clamorose le 500 assunzioni preelettorali effettuate a Catania o il dissesto dell’azienda rifiuti di Palermo.

Ma di fronte a situazioni come queste inibire ogni possibilità di spesa per tutti sa tanto di iniquità.

Così Vicenza che oggi ha 30 milioni di euro a disposizione non li può spendere e deve lasciarli in deposito presso la Banca d’Italia ad interesse zero. Nel 2011 Vicenza potrà spendere al massimo 4 milioni di euro che per le esigenze di una città come la nostra rappresentano una vera e propria inezia, se si pensa alla situazione di molte scuole, dell’impiantistica sportiva, del degrado dei parchi, ecc.

Il Comune di Vicenza, grazie al Global Service, è riuscito almeno in parte ad aggirare questo vincolo riuscendo ad investire circa dieci milioni di euro per strade e marciapiedi. La stessa cosa si riuscirà a fare anche nel 2011 ma per riparare ai problemi e alle trascuratezze del passato, ci vorranno molti soldi e tanta pazienza.

L’altro aspetto su cui il patto di stabilità incide è nell’obbligo di assolvere i pagamenti con ritardi biblici. Se oggi un’azienda vince una gara di appalto deve mettere nel conto fra gli imprevisti anche quello di essere pagato a distanza di non meno di un anno. Molti sono obbligati ad affidarsi al sistema bancario con intuibili conseguenze sugli interessi da corrispondere e sul conseguente aumento del costo dell’appalto.

In Italia il 60% circa degli interventi edilizi vengono fatti dagli enti pubblici e la riduzione imposta dal patto di stabilità ha conseguenze devastanti sull’industria edile.

Il federalismo municipale avanza con molta fatica nelle commissioni ed in parlamento. Bocciato in bicamerale è stato imposto per decreto, ma rimandato al giudizio delle camere dal garante massimo delle norme costituzionali., il Presidente della Repubblica, Napolitano.

Sono un federalista convinto, ma il complesso di norme di cui stiamo parlando non mi convince affatto perché nasce da un compromesso iniziale che lo vizia e lo rende di fatto impraticabile.

Mi spiego: per definizione il federalismo fiscale dovrebbe nascere attraverso una ridistribuzione fra stato ed enti territoriali delle imposte raccolte da cittadini ed aziende. Se oggi a Roma mandiamo 100, domani dovremmo trattenere nel territorio 70 ed inviare a Roma una quota per i servizi accentrati (Università, Istruzione in genere, Sicurezza, ecc) .

In realtà il cosiddetto federalismo municipale non attua questa ridistribuzione ma attribuisce di fatto ai Comuni la possibilità di imporre nuove forme di fiscalizzazione (tassa di soggiorno, incremento dell’aliquota Irpef Comunale, patrimoniale sulla casa, ecc.)

Lo Stato, in sostanza, continua bel bello ad incamerare il suo 100, potendosi permettere i soliti sprechi ed attribuendo la responsabilità di mettere le mani nelle tasche dei cittadini agli enti locali.

E’ evidente che ove possibile Sindaci e Amministratori locali vogliono evitare di appesantire il già eccezionale carico fiscale che pesa sui cittadini e sul sistema produttivo.

Queste due azioni, il patto di stabilità da un lato, il federalismo dall’altro, producono effetti evidenti sulle finanze comunali, soprattutto se nel contempo diminuiscono i trasferimenti dello stato.

A quel punto al Sindaco non rimane che agire di forbici, ben sapendo che la spesa discrezionale è molto limitata.

Un Comune non può diminuire la platea dei propri dipendenti, non può esimersi dal rispettare le convenzioni, non po’ tralasciare di pagare gli affitti degli stabili che occupa, non può non far funzionare la macchina comunale, ecc.

Le spese fisse erodono una quota che si avvicina all’ottanta per cento del totale delle risorse spendibili. I tagli quindi devono essere fatti sul rimanente che rappresenta la cosiddetta spesa discrezionale.

Possiamo forse pensare di incidere sul sociale? E’ evidente che perdurando la situazione di crisi economica è difficile intervenire su questo settore. Quest’anno la Regione e il Governo Nazionale hanno già apportato tagli ingenti al settore delle politiche degli anziani e dei portatori di handicap, delle famiglie bisognose e dei giovani con problemi di devianza.

Il Comune può solo valutare se esistano sacche di inefficienza e limare i bisogni sulla base di un accurato processo di riorganizzazione dell’Assessorato.

Ma sul Sociale operare tagli è molto complesso e difficile.

A quel punto rimangono solo tre altri settori su cui si può intervenire: Cultura, Sport e Turismo.

Come si possa ulteriormente saccheggiare settori come questi sui quali già in passato vi sono stati interventi radicali, sembra difficile da spiegare.

L’Assessorato alla Cultura non riesce più a offrire contributi ad un associazionismo importante che oggi langue nell’inedia più totale. Non riesce ad organizzare eventi espositivi di richiamo. Non riesce a offrire eventi importanti musicali o teatrali che siano. Siamo in presenza di situazioni parossistiche in cui in assenza di un intervento del privato potremmo dover eliminare eventi di grande importanza come il ciclo degli spettacoli classici dell’Olimpico e persino il Festival Jazz.

Lo stesso dicasi per il Turismo e per i Gemellaggi: in questi settori siamo vicini al punto zero. Una città come Vicenza patrimonio dell’Unesco non potrà nel 2011 effettuare una sola significativa iniziativa di richiamo turistico.

Da ultimo lo sport: già da sempre relegato ad un ruolo di Cenerentola ed oggi ancora più sacrificato. Il Comune non può fare interventi di sostegno del settore associativo e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Negli ultimi anni a Vicenza è sparita la Pallacanestro Maschile, è scomparsa la società di Pallavolo Femminile, che era stata per anni il fiore all’occhiello del movimento vicentino, sono in crisi mondi e settori importanti. Inoltre l’Assessorato non può organizzare alcun evento promozionale o di richiamo.

In sostanza non è che il Governo offra ai comuni molte possibilità di scelta. Impone drastici e impopolari tagli dalle conseguenze sui servizi ai cittadini più che evidenti.

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