lunedì 27 dicembre 2010

Viaggio in America: quinta puntata

Natale a Las Vegas
Babbo Natale in Harley Davidson

Quando si percepisce il Natale a Las Vegas? Forse quando un Babbo Natale rombando su una luccicante supermoto attraversa la Strip? O forse quando dagli altoparlanti dei Casino invece delle canzoni di Frank Sinatra escono le note di “adeste fidelis” o “jingle bell” ? Oppure quando le commesse dei negozi indossano il cappellino rosso da Babbo Natale?
La temperatura a venti gradi, la normalità della vita di tutti i giorni con le persone sempre accanite ai tavoli da gioco, i negozi rigorosamente aperti, la strip incasinata nel traffico, non fanno pensare per nulla alla Festa della Cristianità per eccellenza.
Quando qui ci svegliamo alle otto della mattina,  in Italia una gran parte del Natale è già trascorso essendo dall'altra parte dell'Oceano le cinque del pomeriggio. E' già questo dà una sensazione strana come quella di chi arriva ad uno spettacolo cinematografico o teatrale al secondo tempo e si chiede “ma finora cos'è successo ?”
Chiami gli amici e i parenti in Italia e senti che sono alla conclusione del lauto pranzo Natalizio e tu non hai ancora fatto colazione.
Alle nove siamo in giro per le strade: abbiamo in programma la visita al Paris e al Venetian. E questo incredibile viaggio attraverso l'Europa ci toglierà completamente dalla mente nostalgie e ricorrenze. La ricostruzione di Parigi e Venezia fatta da chi ha ideato questi due alberghi è qualcosa di assolutamente rigoroso. Sotto una riproduzione della Torre Eiffel alta almeno sessanta metri che campeggia sul panorama della città, si trovano locali e vie tipiche della capitale francese, bistot e patisserie, atelier di Dior, Chanel o Cardin. Non manca ovviamente il Casinò, rutilante di colori e dei suoni meccanici delle monete che scendono. E non ti stupisce che già alla mattina, oltretutto a quella dedicata per eccellenza alla ritualità e alla preparazione del pranzo, le massaie americane siano accoccolate sugli sgabelli delle slotes.
Dopo esser passato vicino alla siluette dell'Opera e della Madaleine, eccoti nuovamente immerso nel passeggio della Strip: la cosa che si nota è la presenza di masse di turisti cinesi e giapponesi, di qualche sudamericani, di pochi europei. In quattro giorni non ho ancora sentito pronunciare l'amato idioma italico e devo dire di aver visto ben poche persone riconoscibili nei tratti o nei vestiti come italiani. E certo non son italiani gli improbabilissimi gondolieri veneziani che accompagnano i visitatori attraverso una Venezia ricostruita con dovizia di particolari.
Arrivi davanti al Venetian e vieni sorpreso dalla mole ardita del Campanile di San Marco. Per entrare nell'enorme albergo, devi passare attraverso il Ponte di Rialto e lungo le paratie nuove. Nel finto bacino sono presenti almeno una decina di gondole, condotte da barcaioli che nei tratti del volto mostrano la provenienza messicana o addirittura di un pellerossa, ma cantano con voce intonata canzoni italiane ( O sole mio..) e non solo.
La ricostruzione delle calli e dei canali, dei ponti e addirittura di Piazza San Marco sono molte rigorose e precise. La cosa che colpisce al Venetian, come al nuovissimo Aria, al Mandalay Bay o allo sfarzoso Wynn, di recentissima costruzione, è l'incredibile dovizia di negozi e di atelier di moda: la nostra Bottega Veneta, la Diesel,  Roberto Cavalli, Versace, Gucci, Prada, fanno a gara con i francesi, con gli americani, nel creare la vetrina più fantasiosa, più luminosa, più natalizia.
E' stridente il contrasto fra lo sfarzo di certe vetrine e gli homeless che vivono nei sovrapassi, esponendo cartelli tutt'altro che pietosi ("ho bisogno di una birra, cosa ci posso fare?") o distribuendo biglietti pubblicitari degli spettacoli di spogliarello, di danza o di varietà.
That's america: con vizi e virtù con la meraviglia dello spettacolo del esplosione del Vulcano del Mirage e le fontane del Bellagio, l'opulenza quasi eccessiva dei grandi centri commerciali e la tristezza della persone che vivono per le strade.
Happy Christmas



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