giovedì 27 novembre 2008

Carità pelosa: non si poteva proprio fare meglio??


Tremonti presenta la social card"Allo Stato costerà 450 milioni"
"Non è un intervento caritatevole, i bisognosi esistono e vanno considerati"Epifani: "Idea vecchia, non puoi riproporre nel nuovo millennio una cosa di 60 anni fa"

Da Repubblica del 26/11/2008
Un bancomat "anonimo", azzurro, del valore di 40 euro mensili più gli sconti delle catene commerciali convenzionate. Chi lo riceverà entro il 31 dicembre avrà già un credito di 120 euro per i mesi di ottobre, novembre e dicembre. E, a regime, sulle casse dello Stato peserà per 450 milioni di euro. Queste alcune delle caratteristiche della social card presentata oggi dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, con una conferenza stampa a Palazzo Chigi, a due giorni dal Consiglio dei ministri che dovrà varare il decreto anticrisi. "Uno strumento nuovo, nel quale crediamo, assolutamente in linea con le raccomandazioni della Commissione europea" ha detto, ricordando che si tratta di un provvedimento diffuso in altri paesi e che in Italia sarà necessaria, adesso, "una fase di adattamento". Un rammarico: solo il 5% della grande distribuzione, quindi le catene di supermercati, ha aderito al progetto della social card. "Speriamo che la percentuale salga", ha auspicato.
A chi è destinata. I beneficiari, secondo le stime dell'Economia, saranno 1 milione 300 mila: cittadini ultrasessantacinquenni e famiglie con figli piccoli (fino a 3 anni) che abbiamo un reddito Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) fino a 6000 euro, non più di una casa, non più di un'auto. Per chi ha più di 70 anni, la soglia di reddito Isee che dà accesso alla carta acquisti è fino a 8000 euro. Nel caso di più figli sotto i 3 anni, gli accrediti si sommano. Chi non riceverà la lettera, ma ritiene di avere i requisiti, potrà rivolgersi alle Poste.
Accesso alle tariffe sociali Enel. La social card serve anche per aderire alle "tariffe sociali dell'Enel, che esistevano già ma erano in freezer, nel senso che se non si andava allo sportello dell'Inps per richiederla, si restava fuori. Così, invece - precisa Tremonti - l'adesione alla tariffa sociale è automatica". "Non è carità". "Rifiutiamo l'interpretazione - sottolinea Tremonti - della social card quale visione compassionevole della società". Il ministro ribadisce che "le situazioni di bisogno non si proclamano per legge, non è una questione di ingegneria sociale del governo". Coloro che hanno bisogno, insiste, "ci sono, e non sono stati mai sufficientemente considerati". Garantito l'anonimato. La social card, o carta acquisti, "è anonima - ha spiegato il rirolare dell'Economia - quindi nessuno può dire che segna i portatori. La può usare chiunque". Tremonti annuncia che "già molte lettere sono state inviate a quelli che secondo i nostri archivi sono i beneficiari", e tutto è stato fatto "nel modo più semplice possibile". Per eventuali chiarimenti, ha concluso il ministro, "confidiamo nell'Inps, nelle associazioni di volontariato e nei Caaf". La bocciatura di Epifani. Molte le critiche alla social card, definita dalle associazioni dei consumatori poco più di un'elemosina. Mentre il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani rileva come si tratti di un'idea vecchia, nata in un contesto economico e sociale completamente diverso: "Tremonti difende l'idea della social card dicendo: 'è stata introdotta nel 1939 in America'. E' proprio questo il problema. Non puoi riproporre nel nuovo millennio una cosa di 60 anni fa". Bersani: "La social card da sola non basta". Mentre il ministro dell'Economia del governo ombra del Pd Pierluigi Bersani rileva come la social card non sia assolutamente in grado da sola di risolvere i problemi dei cittadini in difficoltà economica: "I soldi non si buttano mai via, ma ci sono modi più dignitosi per darli. Piuttosto che importare modelli americani, noi preferiamo che si aumentino le pensioni e che si alleggerisca il fisco sui salari e sugli stipendi medio bassi, a cominciare dalla tredicesima di Natale. E, quindi, con un intervento largamente più consistente e strutturale rispetto a quello che abbiamo sentito e visto fin qui". (26 novembre 2008)


Nota del redattore del blog
Avremmo preferito una misura come la riduzione delle tasse sulla tredicesima: sarebbe stata più impattante sull'immediata necessità di incrementare il consumo interno. I cittadini con una tredicesima più corposa si sarebbero sentiti più incentivati a spendere. Invece questa misura parziale sia nell'importo, sia nel numero di persone a cui viene destinata non sposta di certo l'asse del problema.

Per contro la misura prevista dal governo apre una serie d'interrogativi:
1- Tremonti e Berlusconi pensano seriamente di fare ripartire l'economia italiana, erogando 120 euro ad un milione di cittadini italiani? La cifra sminuzzata in importi irrisori di 40 euro al mese comporterà incrementi dei consumi molto contenuti. Viene da pensare che la portata della misura sia squisitamente propagandistica e che il Governo veramente non sappia che pesci pigliare. Ma sopratutto non voglia adottare una misura che è stata proposta dalla controparte politica.

2- Con quali criteri queste somme verranno erogate? Quando si parla di cittadini, si allude in genere a tutta la popolazione: il che significa che questo contributo potrebbe andare anche a quei lavoratori autonomi che denunciano meno di 6000 euro all'anno. Impossibile?? Tutt'altro. Basta scorrere i dati del fisco per rendersi conto che sono molti i commercianti che rimangono sotto a tale soglia. E i lavoratori dipendenti? Esclusi a priori.. Non esiste un solo lavoratore dipendente che possa dichiarare meno di 6000 euro all'anno..
3- I disoccupati senza reddito ne avranno diritto?? No a meno che non abbiano nel nucleo familiare figli inferiori ai tre anni!!!!!!
4- E' possibile che queste somme vengano erogate prevalentemente al Sud? Certo. Le pensioni minime sono concentrate sopratutto nell'Italia meridionale ed insulare e dunque al Nord arriveranno risorse molto ridotte.
In sostanza ancora una volta si spreca un'opportunità: a tale riguardo si veda anche quanto scrive (come sempre in modo molto chiaro) Tito Boeri su LA VOCE



TITO BOERI su http://www.lavoce.info/
Il governo ieri sera ha presentato un piano di 3-4 miliardi di euro per contrastare la recessione. Sono troppo pochi e vengono dispersi, come al solito, in mille rivoli. Quindi saranno del tutto inefficaci. È possibile invece attuare interventi più ambiziosi senza mettere a rischio i nostri conti pubblici. Per farlo però ci vogliono due condizioni. La prima è saper scegliere le priorità, le cose da fare e quelle da non fare. Solo pochi interventi mirati, consistenti e duraturi sono in grado di avere un impatto sul comportamento di famiglie e imprese riducendo la durata della crisi, contribuendo in questo modo a migliorare i nostri conti pubblici. La seconda condizione è saper approfittare della recessione per rimettere la casa in ordine, come stanno facendo tutte le famiglie e le imprese italiane. È possibile avviare subito un processo di ristrutturazione della spesa pubblica che porti a risparmi consistenti quando saremo usciti dalla crisi. Nessuno ci chiede di ridurre il nostro indebitamento oggi, nel mezzo della crisi. Possiamo permetterci di agire su due tempi: oggi stimolare l’economia, preparando le condizioni per riduzioni di spesa che si materializzeranno domani, completando il risanamento dei nostri conti pubblici.
I VERI VINCOLI SONO POLITICI
L’impressione è che i veri vincoli contro i quali oggi si scontra l’azione di governo siano politici. Da settimane si succedono gli annunci di grandi piani a sostegno di banche, imprese e famiglie o per grandi infrastrutture. Poi, tutti questi piani faraonici, il giorno prima di essere varati, vengono rinviati o derubricati. Il fatto è che non si è trovata una sintesi. I costi delle indecisioni sono altissimi. In un periodo in cui grande è solo l’incertezza, con le famiglie italiane terrorizzate dalla crisi, questi continui rinvii alimentano il sospetto che alla fine tutti questi annunci si risolveranno nel nulla. Così le banche continuano a disfarsi di attività e a stringere il credito, le imprese a tagliare costi e personale e le famiglie a stringere la cinghia.
QUALI PRIORITÀ NEL CONTRASTARE LA RECESSIONE?
La riforma degli ammortizzatori sociali, come ormai riconosciuto da tutti (incluso il Fondo monetario internazionale)è la priorità numero uno per il nostro paese. Ma non per il ministro del Welfare. Secondo Maurizio Sacconi ci sono al massimo le risorse per ampliare i cosiddetti “fondi in deroga” e per concedere una copertura una-tantum “di emergenza” ai lavoratori del parasubordinato. Chi propone una riforma definitiva degli ammortizzatori sociali, sempre secondo il ministro, “non si confronta con i numeri di finanza pubblica”.Vediamoli allora questi numeri. Nel 2009 scadranno titoli di Stato per un quinto del nostro debito. La crisi ha fatto scendere il loro rendimento di circa uno-due punti, a seconda delle scadenze. Come stimano Angelo Baglioni e Luca Colombo su lavoce.info questo significa risparmi dell’ordine di 3,8 miliardi di euro di spesa per interessi sul debito. Sommando a questi le risorse che si risparmierebbero abrogando l’anacronistica detassazione degli straordinari, che sta contribuendo a distruggere posti di lavoro, vorrebbe dire avere a disposizione più di 4 miliardi di euro per riformare gli ammortizzatori. Bastano e avanzano per introdurre un sussidio unico di disoccupazione allargato ai lavoratori parasubordinati (costo nella recessione di 2 miliardi e mezzo) e per allungare i sussidi forniti ai lavoratori delle piccole imprese (circa un altro miliardo e mezzo di euro). A regime, queste risorse potranno essere reperite razionalizzando la spesa per le cosiddette politiche attive, molto costose e di dubbia efficacia, specie in periodi di recessione. Quindi la riforma degli ammortizzatori si può fare senza aumentare le spese rispetto a quanto previsto a settembre. Se non la si fa, è per pura scelta politica.
CI SONO RISORSE PER ALTRI INTERVENTI?
I nostri conti pubblici sono fortemente peggiorati nel 2008. Il rapporto deficit-Pil è quasi raddoppiato dal 2007 (1,6 per cento) al 2008: dovrebbe attestarsi al 2,7-2,8 per cento. Non è solo colpa della congiuntura. Nel 2008 le entrate fiscali sono cresciute meno che in passato in rapporto all’andamento dell’economia e dei prezzi. Soprattutto le entrate dell’Iva sono state deludenti. Il governo ha abolito una serie di misure anti-evasione introdotte nella passata legislatura: dall’obbligo di tenere l’elenco clienti fornitori alla tracciabilità dei compensi, dall’innalzamento del tetto per i trasferimenti in contante all’eliminazione dell’invio telematico dei corrispettivi. Il messaggio di lassismo fiscale è stato forte e chiaro, anche alla luce delle decisioni dell’attuale ministro dell’Economia nel quinquennio 2001-6.L’aumento dell’evasione finisce anche oggi per concentrare il prelievo fiscale sul lavoro dipendente, la cui quota sulle entrate tributarie dovrebbe quest’anno raggiungere il massimo assoluto: 26,5 per cento, più di un euro su quattro. Quindi le minori entrate non riducono la necessità di riduzioni del carico fiscale del lavoro dipendente, che finirebbero per beneficiare subito le famiglie e, gradualmente, anche le imprese. Ad esempio, un incremento permanente di 500 euro delle detrazioni fiscali a favore di lavoratori dipendenti e parasubordinati costerebbe circa 6 miliardi. Sarebbe di gran lunga più efficace di interventi estemporanei, che essendo percepiti come tali, finirebbero per alimentare soprattutto i risparmi delle famiglie. L’aumento delle detrazioni beneficerà soprattutto chi ha redditi più bassi, stimolando maggiormente i consumi.
COME FINANZIARE LE RIDUZIONI DEL PRELIEVO SUL LAVORO?
Sia la Commissione europea che il Fondo monetario internazionale ci chiedono di rinviare l’aggiustamento a dopo il 2009. Si potranno trovare le coperture dopo. Ma questo non significa non cercare subito di procurarsele. Al contrario, bene approfittare della crisi per avviare un processo di ristrutturazione della spesa pubblica che può portare a consistenti risparmi e a un miglioramento dei servizi forniti ai cittadini. Si tratta qui di entrare nei dettagli, capitolo di spesa per capitolo. Non sono possibili generalizzazioni. Solo il metodo è lo stesso. Occorre individuare i tagli di spesa fatti bene, che permettano riduzioni di tasse migliorando la qualità dei servizi resi ai cittadini, rimuovendo i vincoli legislativi e agendo sugli incentivi delle amministrazioni e sul controllo sociale che viene esercitato su di loro dalle famiglie. Nelle prossime settimane cominceremo a fare questa ricognizione, prendendo in considerazione una varietà di voci. Partiremo da scuola ed edilizia scolastica (il 9 per cento del bilancio dello Stato) per occuparci poi di giustizia (1,6 per cento), trasporti (1,7 per cento), infrastrutture (0,8 per cento), ordine pubblico e sicurezza (2 per cento) previdenza (14,7 per cento) e, infine, rapporti con le autonomie locali (22,6 per cento).





LE MISURE DEL GOVERNO
SONDAGGIO SU REPUBBLICA


Il governo ha approvato le misure anti-crisi. Tra queste il bonus fino a 1000 euro per i redditi più bassi, il calmiere sui mutui variabili, lo stop all'aumento delle tariffe autostradali per sei mesi e il rilancio delle opere pubbliche. Secondo voi è una risposta adeguata alla situazione del nostro paese?

(2091 voti) 11%
No
(15932 voti) 87%
Non so
(300 voti) 2%

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