
Fra pochi giorni ricorrerà l'undicesimo anniversario dalla morte di Lucio Battisti.
Per ricordare quest'occasione ripubblico un articolo che ho scritto alcuni anni fa e che era apparso sul Giornale di Vicenza, credo nel terzo anniversario dalla scomparsa.
Lucio Battisti: tra leggenda e nostalgiadDi Federico Formisano
I ricordi della mia gioventù hanno un accompagnamento musicale: le canzoni di Lucio Battisti. E non potrebbe che essere così, visto che quando è uscito il primo album del cantante di Poggio Bustone io avevo diciassette anni.
Associo a “Balla Linda”, ad “Eppur mi sono scordato di te”, a “29 Settembre” i volti dei miei primi amori adolescenziali, la gioia di scoprire la semplice evasione delle prime uscite serali, il gusto meraviglioso delle conversazioni con i coetanei, in cui parlavamo di tutto, ma soprattutto della vita.
Chissà che sarà di noi , lo scopriremo solo vivendo.
Ad ognuna di queste nitide immagini, di questi ricordi carichi di nostalgia è legato il suono di una melodia battistiana, degli arpeggi di chitarra di “Non è Francesca” agli acuti di “Pensieri e parole”, al fascino delle parole di “Io vorrei, non vorrei..”.
Come può uno scoglio arginare il mare anche se non voglio torno già a volare, le distese azzurre e le verdi terre, le discese ardite e le risalite su nel cielo aperto e poi giù il deserto e poi ancora in alto con un grande salto.
Per noi cinquantenni, Lucio è e resterà sempre il numero uno; ma credo che anche per molte persone più giovani di noi egli continuerà a rappresentare un modello musicale significativo.
Alla fine degli anni sessanta in Italia dominavano ancora la scena i cantanti melodici alla Claudio Villa e il fenomeno Beatles aveva solo sfiorato la nostra penisola.
E’ indubbio che la devastante presenza di un duo di grande talento, quello formato da Lucio Battisti e Giulio Rapetti, in arte Mogol, e dal gruppo che si consolidò attorno a loro, formato da Radius e dalla P.F.M., dai Dik Dik e dall’Équipe 84, da Bennato a Finardi, abbia segnato la svolta più convincente nel panorama musicale italiano.
E chiudere gli occhi per fermare qualcosa che è dentro me, ma nella mente tua non c’è. Capire tu non puoi tu chiamale se vuoi emozioni, tu chiamale se vuoi emozioni.
Così com’è indubbio che le canzoni di Mogol-Battisti siano state interpretate dai nostri migliori interpreti musicali (Mina, Gianni Morandi, Bruno Lauzi, Bobby Solo, Little Tony, Mia Martini e Patty Pravo, ecc.) ma anche da molti cantanti stranieri di grandissima fama che hanno richiesto a Lucio i suoi pezzi (in Francia Jean-Francois Michel, negli States David Bowie e Michael Ronson, in Inghilterra vari complessi musicali..)
L’esperienza musicale e la vita di Lucio Battisti non sono mai stati, tuttavia, facilmente omologabili e catalogabili: ogni qualvolta un critico o un musicista riteneva di aver trovato il filone nel quale inquadrare l’opera dell’artista, ecco che arrivava un nuovo album, completamente diverso sia nelle melodie che nei testi, a smentire il lavoro fatto e a rimettere tutto in discussione.
L’amore mio è roccia ormai e sfida il tempo e tu lo sai. Davanti a me c’è un'altra vita la nostra è già finita e nuove notti e nuovi giorni, cara vai o torna con me.
Anche nella vita Lucio rifuggì da qualunque tentativo di inquadramento, ma soprattutto da ogni tentativo di pubblicizzare i suoi comportamenti e le sue azioni e questo suo modo di fare fu determinante nell’attirargli contro le antipatie della stampa e dei colleghi. Fu così che attorno alla figura di questo personaggio si creò un alone di mistero in cui accanto a miti e leggende, trovarono spazio anche pure invenzioni che ancora oggi faticano ad essere riportate alla verità.
Perché dopo il 18 maggio del 1979, data dell’intervista rilasciata ad un giovane giornalista Giorgio Fieschi, per la Radio Svizzera Italiana, Battisti non parlò più con alcun giornalista e non partecipò più ad alcuna trasmissione televisiva?
Perché smise presto di effettuare tours musicali o anche semplici esibizioni?
Perché cessò la collaborazione con Mogol, perché i due si allontanarono musicalmente interrompendo quel rapporto che aveva sicuramente determinato uno choc nella musica italiana?
Perché Battisti cominciò a morire dentro?
Anche per te vorrei morire ed io morir non so
Anche per te, darei qualcosa che non ho
E così, e così e così io resto qui
a darle i miei pensieri, a darle quel che ieri avrei affidato al vento
cercando di raggiungere chi al vento avrebbe detto sì.
Sono tutte domande alle quali ci si è sforzati di dare delle risposte, risposte che restano parziali e fuorvianti, se non inquadrate solo nell’estro artistico di questo personaggio, capace di comporre melodie che continuano ad essere ascoltate ed amate dopo anni e anni.
Nuove sensazioni, giovani emozioni, si esprimono purissime in noi. La veste dei fantasmi del passato cadendo lascia il quadro immacolato e s’alza un vento tiepido d’amore, di vero amore… e riscopro te!
Abbiamo detto che questo lato del suo carattere gli valse l’ostracismo di molti: ma non tutti si limitarono ad emarginarlo o cercarono di diminuire il suo valore: altri si vendicarono dei suoi rifiuti inventando di sana pianta comportamenti ed atteggiamenti che non trovano riscontro in alcun fatto reale: fu così che gli furono attribuite avventure amorose, fu descritto come un avido calcolatore od un gretto avaro attaccato al denaro.
Ad un certo punto qualcuno disse che Battisti sovvenzionava i gruppi dell’estrema destra.
Gianfranco Salvatore nel suo libro “la storia vera di Lucio Battisti vissuta da Mogol e dagli altri che c’erano” racconta che “attorno al 72 cominciò a girare la voce che Lucio fosse fascista. In quegli anni per un musicista non ci poteva essere insulto peggiore. La musica era sentita come una forza alternativa alla società, tracciava una linea fra il giusto e l’ingiusto, si schierava, quasi sempre contro”.
In realtà- spiega Salvatore – Lucio alla politica si interessava poco o niente, anche se i suoi più cari amici e collaboratori erano vicini alla sinistra e ai movimenti anarchici.
“Neanche Mogol era di destra: i suoi amici dicono che durante la sua vita ha votato per tutti i partiti soprattutto di centro e di sinistra, con una certa inclinazione radicaleggiante”.
“Ma ci si misero di punta – spiega ancora il biografo – addirittura crearono dei falsi”. Bastava che Lucio alzasse la mano per dare il via alla musica per dire che in realtà egli faceva il saluto fascista…
Perfino la copertina del Mio Canto Libero con quello stendardo di braccia sollevate, fu interpretata come una bolgia di saluti fascisti (la foto l’aveva scattata Cesare Montalbetti che stava più a sinistra di chiunque). D’altronde un verso della Collina dei Ciliegi non dice “planando sopra boschi di braccia tese”?
E noi ancora, ancor più su, planando sopra boschi di braccia tese, un sorriso che non ha, né più un volto, né più un’età.
Nel libro “Battisti Talk” di Francesco Mirenzi, è contenuto un ricordo di Gianfranco Manfredi , amico e collaboratore di Lucio : “ Un giorno Mogol, mi convocò nel suo studio, era il 1976 c’era anche Battisti, per farmi ascoltare “Dove arriva quel cespuglio” e per convincermi che si trattava di una canzone di sinistra. Fu in quel occasione che chiesi conto a Lucio che se la rideva delle voci che lo riguardavano “io finanziare Ordine Nuovo? Chi mi conosce sa che faccio fatica anche a pagare il biglietto del tram” mi rispose.
Nello stesso libro è raccolta anche le testimonianze di Renzo Arbore ( si creò della confusione attorno alle idee politiche di Lucio che in realtà “non ha mai avuto”) e dell’ultimo intervistatore, Giorgio Fieschi (“nel fuori onda, mi sono permesso di chiedergli sulle dicerie che lo davano come finanziatore della destra. Lui negò, senza approfondire, come se l’argomento non lo interessasse per niente”).
Già la verità era proprio questa: Lucio Battisti viveva talmente immerso nella sua ricerca artistica, nella sua musicalità assoluta, da sorridere a qualunque illazione lo riguardasse. Ed era talmente superiore a queste considerazioni da non sprecare nemmeno il tempo per una smentita.
E vola sulle accuse delle gente a tutti i suoi retaggi indifferente, sorretto da un anelito d’amore, di vero amore…
In sostanza Lucio Battisti non ha potuto far altro che pagare alla popolarità un prezzo altissimo: il suo carattere schivo, i suoi atteggiamenti scontrosi che nascondevano una forte timidezza, hanno autorizzato troppe persone ad arrogarsi il diritto di attribuirgli appartenenze e fedi che non hanno fondamento.
Battisti era un musicista puro o come dice di lui Salvatori “era semplicemente il più avvincente melodista italiano; era un artista, il più artista di tutti, un ricercatore pazzesco”.
Egli è sempre stato come lo avevamo immaginato, un uomo del suo tempo, ricco di sentimento e della nostra stessa voglia di cambiare il mondo, perfino un po’ idealista.
Come può uno scoglio arginare il mare, anche se non voglio torno già a volare. Le distese azzurre e le verdi terre, le discese ardite e le risalite su nel cielo aperto e poi giù il deserto e poi ancora in alto con un grande salto.
Non era di destra, non era di sinistra, era solo fortemente pervaso dalla sua musica e voleva porgerla agli altri, perché potesse svolgere la funzione che ha sempre avuto nella società.
Purtroppo come molti personaggi famosi è stato usato da chi voleva creare miti facili, da chi voleva costruire totem da opporre ad altri idoli.
Ma questo tentativo non potrà passare e la sua musica rimarrà, comunque, universale ed emozionante; il tempo cancellerà tutti gli orpelli inutili e tramanderà solo gli accordi più dolci e le parole più magiche.
Nei tuoi occhi innocenti posso ancora ritrovare il profumo di un amore puro, puro come il tuo amor.
Alla fine rimarrà solo la visione della cultura assolutamente superiore, la considerazione che l’arte appartiene all’uomo in sé, anzi alla sua parte divina, e non può essere ridimensionata a valori terreni.
E dunque continuiamo a godere della sua musica, continuiamo a considerare le parole magiche delle sue canzoni, disegnate da Mogol sulle sue melodie, come la colonna sonora di una parte bella ed importante della nostra vita.
Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi ritrovarsi a volare e sdraiarsi felice sopra l’erba ad ascoltare un sottile dispiacere.
Bibliografia:
• Francesco Mirenzi “ Battisti Talk” - Castelvecchi Editore- Roma.
• Gianfranco Salvatore “L’arcobaleno. Storia vera di Lucio Battisti vissuta da Mogol e dagli altri che c’erano” Giunti- Firenze.
• Luciano Ceri “Lucio Battisti. Pensieri e parole” Tarab Edizioni- Firenze
Nessun commento:
Posta un commento